mercoledì 19 settembre 2012

Parziale colonna sonora per biciclette 2

I lavori in ciclofficina, anzi in ciclotrofio, proseguono. Abbiamo bisogno di altra musica a tema ecco la nuova lista:
Beach Boys - It's a Beautiful Day, 1979
Tom Waits - Broken Bicycles, 1981
Red Hot Chilli Peppers - Bicycles Song, 2002
Teresa De Sio - Una ragazza al giro d'Italia, 1993
Queen - Bicycles Race, 1978
Madness - Riding on my bike, 1982
Elio e le storie tese, Sono felice, 1990

martedì 18 settembre 2012

Parziale colonna sonora per biciclette e nome ciclofficina

La soundtracks (heavy rotation) dedicata alla nascente ciclofficina (Architettura) ad Alghero.

Yves Montand - A bicyclette, 1981
Tomorrow - My White Bicycle, 1967
Pink Floyd - Bike, 1967
Kraftwerk  - Tour de France, 1983
Enzo Jannacci - Bartali, 1979

Il nome è un programma, il programma è il nome e il luogo:
CICLOTROFIO all' ex-Orfanotrofio*

* L'etimologia del termine deriva dal greco antico orphanotrophêion, composto di orphanós (orfano) e tréphein (allevare). Nella nostra accezione è nostra cura "allevare" biciclette rotte.

giovedì 13 settembre 2012

Take care...

Perchè gettare una bici vecchia se si potrebbero con pochi soldi mettere su dei luoghi attrezzati dove andare a ripararla quando non ci si può  permettere un riparatore?
L'anno scorso sono arrivato a pagare 20 euro per farmi sostituire un fanale che ne costa 2,50, un paio di pinze e 10 minuti di lavoro... Certo si tratta di una "prestazione professionale" diranno alcuni. Anche se non abbiamo dubbi che chiunque abbia facoltà motorie e intelligenza  normali, se si concentrasse un attimo, non tarderebbe molto a realizzarla... 
In più il costo non è completamente chiaro se lo consideriamo in valore assoluto. Se infatti lo rapportiamo al valore commerciale del mezzo (che per una vecchia graziella per esempio non supera i 20-30 euro) si capisce che quel fanale arriva a costare quanto l'intera bici!!!
Stiamo dunque parlando di un altro segmento di mercato.
Nelle città normali le ciclofficine sono sempre più supportate da comuni, associazioni e università perché "nell'ottica della promozione della cosiddetta mobilità sostenibile si intende allargare il più possibile l'uso generale della bicicletta anche attraverso una migliore conoscenza del funzionamento del mezzo stesso: per questo l'attività non ha finalità di lucro e il suo obiettivo è invece quello di promuovere l'utilizzo della bicicletta come mezzo di trasporto, di aumentare il recupero delle biciclette altrimenti destinate alla spazzatura e di facilitare il recupero della manualità." (wikipedia)
E l'esperienza quotidiana di tanti dimostra quanto questa fetta marginale di beni ossa essere rilevante in termini di sostenibilità ed economia di scala.
Ad esempio: per una vecchia bici che necessitava di un piccolo lifting e cambio copertoni, dopo il consueto giro di rivenditori e bombolari, ad Alghero non ho trovato nessuno in grado di proporre qualcosa meno caro di comprarne una nuova. Ma non mi sono arreso, l'ho conservata in un recondito dello sgabuzzino confidando in uno di quei miracoli della natura che improvvisamente, quando meno te lo aspetti, ti donano tempo e voglia di cimentarti.
Ora sicuramente la potrò portare al Ciclotrofio risparmiandola dal ferrovecchi o dal diventare materiale per un'opera d'arte. Lì il miracolo della resurrezione è sicuramente più alla portata di tutti ed è anche arricchito dal piacere di socializzare con gente nuova con cui condividere la stessa sensibilità.
A chi accusa il Ciclotrofio di rubare lavoro ai professionisti del settore bisogna far capire con tutta la benevolenza possibile che ogni fenomeno ha sempre molte sfaccettature perché la realtà è sempre più articolata di quello che sembra. Forse che la Bormioli ruba i soldi all'industria delle marmellate solo perchè vende i vasetti vuoti per farsela da sè a casa? 
Senza contare che il "professionista" che mi cambiò il fanale per 20 euro non era altrettanto professionale quando dimenticò di farmi lo scontrino...

lunedì 10 settembre 2012

Paramanubrio

Con onore possiamo annuciarvi che siamo inventariati tra i siti amici di paramanubrio. Il blog più importante per "bici biciclette d'epoca restauro"

giovedì 14 giugno 2012

Chi va a lavoro in bici è come gli altri!

Lettera al Presidente del Consiglio

Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana, Prof. Mario Monti,
Abbiamo molto apprezzato la nota con cui Lei il 14 maggio scorso ha dato sostegno alle istanze della campagna #salvaiciclisti sottolineando i vantaggi economici derivanti dall’uso della bicicletta in ambito urbano e definendo la bicicletta come “mezzo di trasporto “intelligente”, sia dal punto di vista dell’impatto ambientale, sia a livello economico, dato che riduce sensibilmente i costi legati alla mobilità urbana, sia, aspetto non meno rilevante, per la salute degli individui.”
Infatti, in questo periodo di crisi economica, per ridurre i costi derivanti dalla mobilità, molte persone fanno sempre più ricorso all’uso della bici, anche per andare al lavoro.
Purtroppo nel nostro Paese coloro che decidono di utilizzare la bici per recarsi al lavoro, si trovano a confrontarsi con una legislazione che, non solo non incentiva, ma addirittura penalizza chi utilizza questo mezzo di trasporto. In Italia, in caso di sinistro durante il percorso casa-lavoro effettuato in bicicletta, l’INAIL riconosce al lavoratore lo status di “infortunio in itinere” “purché avvenga su piste ciclabili o su strade protette; in caso contrario, quando ci si immette in strade aperte al traffico bisognerà verificare se l'utilizzo era davvero necessario” [nota INAIL].
Mentre nel resto d’Europa l’uso della bicicletta come mezzo di trasporto per recarsi al lavoro è sistematicamente incentivato e promosso, in Italia il lavoratore che decide di spostarsi senza inquinare e senza creare traffico, non solo non riceve alcun incentivo, ma deve farlo a proprio rischio e pericolo e senza tutele.
Allo scopo di mettere fine a questo anacronismo è in corso una campagna promossa dalla Federazione Italiana Amici della Bicicletta (FIAB) che chiede la modifica dell’art. 12 del D.Lgs. 38/2000 e di aggiungere al testo attuale la frase: “L’uso della bicicletta è comunque coperto da assicurazione, anche nel caso di percorsi brevi o di possibile utilizzo del mezzo pubblico”, esattamente come previsto per il lavoratore che si reca al lavoro a piedi.
La proposta della FIAB ha già raccolto oltre diecimila firme e ricevuto parere favorevole da parte di ben tre Regioni, tre Province e sedici Comuni tra cui Milano, Bologna e Venezia che ravvisano grande imbarazzo nel chiedere ai concittadini e ai propri dipendenti di usare la bicicletta senza poter garantire nel contempo adeguate tutele.
Con la presente chiediamo a Lei, al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e ai Presidenti di Camera e Senato di voler intervenire al più presto per porre fine a questa discriminazione che non ha eguali in Europa e di accogliere questa proposta di modifica legislativa.
Per ulteriori informazioni sul tema dell’infortunio in itinere per il pendolare in bicicletta, Le segnaliamo il sito internet www.bici-initinere.info che è stato predisposto allo scopo di diffondere consapevolezza rispetto a questa campagna.
Confidando in una sua pronta risposta e auspicandoci condivisione nel merito,
cogliamo l’occasione per salutarla cordialmente
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L’indirizzo mail della campagna è redazione@bici-initinere.info
Per informazioni sulla campagna: Giulietta Pagliaccio 335-5476520
Se anche tu ritieni che chi si reca al lavoro in bicicletta non debba essere vittima di discriminazioni invia questa lettera direttamente al Presidente del Consiglio, al Ministro competente e ai Presidenti di Camera e Senato: e.olivi@governo.it; gabinettoministro@mailcert.lavoro.gov.it; fini_g@camera.it; schifani_r@posta.senato.it.
Inoltre puoi contribuire alla diffusione di questa iniziativa attraverso il tuo blog, il tuo sito internet oppure attraverso il tuo account di Facebook o di Twitter.

venerdì 1 giugno 2012

Una bici per l'Emilia

Cercasi biciclette Se avete una bicicletta e/o una pompa da regalare potete mettervi in contatto con il movimento #Salvaiciclisti che le sta raccogliendo per inviarle ai terremotati dell’Emilia, nelle zone in cui il manto stradale, con la liquefazione del terreno sottostante, in molti punti è diventato impraticabile per le auto. Le bici servono ai vigili del fuoco, ai pompieri e anche ai bambini. Per informazioni potete scrivere a terremotoemilia@salvaiciclisti.it o visitare il sito salvaiciclisti.it.

il Pantheon del ciclotrofio 3: Luigi Malabrocca

















Era soprannominato "il Cinese" a causa dei suoi occhi a mandorla, non era un grande campione, ma divenne popolare perché indossò per due anni consecutivi la "maglia nera" del Giro d'Italia. Ultimo di sette fratelli e grande amico del conterraneo Fausto Coppi, vinse 138 corse, di cui 15 da professionista, ma il suo nome rimane ancora oggi legato al Giro d'Italia dei tempi in cui l'ultimo classificato si aggiudicava la maglia di colore nero e, soprattutto, un cospicuo premio in denaro, che faceva gola a molti.
Riuscì ad aggiudicarsi la maglia nera nel 1946 (pur arrivando quarto in volata al termine dell'ultima tappa, la Mantova-Milano) e nel 1947, cercando di perdere più tempo possibile tra una tappa e l'altra nascondendosi dove poteva, forando le gomme della sua bici e fermandosi per lungo tempo nei bar.

giovedì 31 maggio 2012

"Johan van der Velde, ora pro nobis"

 

















Johan van Der Velde scavallò per primo il passo Gavia, Cima Coppi del Giro del 1988 , e cominciò la discesa, sudato e allo stremo, senza indossare impermeabili né coprirsi con qualche giornale. Dopo pochi minuti di follia, al limite dell’assideramento, Johan scese dalla bicicletta e riparò in un camper per riprendere calore e... colore. Ripartì dopo poco e arrivò al traguardo con quasi 47 minuti di ritardo. Vivo, però. Fu un altro olandese, Erik Breuking, a vincere la tappa sul traguardo di Bormio, mentre a trionfare nel Giro fu l’americano Andrew Hampsten. Ma fu Van Der Velde a restare nella leggenda, perché - nei versi degli Offlaga (che, tre anni fa, dedicarono un pezzo a Vladimir Yashenko, l'ultimo ventralista moderno) - "quel metro di neve sulle Lepontine Retiche, affrontate con una bicicletta al posto della slitta, vale quanto l’alpinismo estremo senza bombole d’ossigeno tra le inviolate vette del Pamir" (Lorenzo Longhi, Sky.it).

venerdì 4 maggio 2012

il Pantheon del Ciclotrofio: Il visconte Cobram






















Da tutti quello del Visconte Cobram era il nome più temuto. Era quello della corsa ciclistica. Da giovane era stato un mediocre ciclista dilettante; ed entrato a 18 anni nei ranghi della società, aveva fatto strada facendo il leccaculo e la spia dei potenti ed ora, raggiunto anche lui il potere, voleva che il ciclismo lo praticassero tragicamente tutti i suoi dipendenti. (Presentazione del Visconte Cobram, Fantozzi contro tutti, 1980, da Wikipedia).